Suor Houda Fadoul
Sinodo è cammino: intitolato “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione” il Sinodo è stato ufficialmente aperto da Papa Francesco il 9 e 10 ottobre 2021 a Roma e si concluderà a ottobre 2024. Dal 17 ottobre 2021 si è tenuta la fase diocesana in ogni singola chiesa locale. Tappa essenziale in questo cammino è stata la celebrazione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi nell’ottobre 2023, che ha avviato una fase di ulteriore valutazione e di attuazione che coinvolge ancora una volta le Chiese particolari (Costituzione Apostolica, Comunione Episcopale, 19-21).
La Chiesa di Dio è chiamata al Sinodo. È come una pausa di riflessione della Chiesa su stessa per mettersi in ascolto della voce dello Spirito Santo che la chiama alla vita e al ritorno al primo amore; è una conversione per giungere a vivere in modo veramente sinodale e continuare a camminare insieme secondo la logica del Vangelo, per rinnovare il desiderio e l'esperienza di vivere come una sola famiglia nel Signore.
All'apertura del Sinodo, Papa Francesco ha invitato tutto il popolo di Dio a camminare insieme: «Ciò che lo Spirito Santo ci chiede adesso e ciò che il Signore si aspetta da noi come Chiesa del terzo millennio è vivere il Sinodo». Per lui il Sinodo non è un'ideologia, né una piattaforma di idee, né un parlamento, ma piuttosto un metodo di vita e uno spazio per discernere la volontà di Dio nella nostra vita, alla ricerca di un nuovo linguaggio e di un modo più comprensibile di comunicare con il popolo di Dio.
Camminando e contemplando insieme, sulla base del proprio vissuto, la Chiesa ha la possibilità di discernere i percorsi che possono aiutarla a vivere la comunione, a realizzare la partecipazione e a crescere nell'apertura alla missione.
La nostra Chiesa in Siria è stanca per tutto quello che è successo e continua a succedere: la guerra, il Covid, il terremoto, la corruzione a tanti livelli, la mancanza di giustizia, l’emigrazione, la persecuzione… e non dimentichiamo che siamo stati senza vescovo per tre anni fino a quando è stato nominato Mons. Juliano Yaqup Mourad che ha invitato dal Libano un amico vescovo, Mons. Matias Charle Mourad, esperto del Sinodo. Sono state, quindi, organizzate conferenze in molte parrocchie e con la grazia del Signore abbiamo avuto la forza e lo slancio per andare avanti al fine di trovare una risposta alla sete del popolo di Dio in Siria, nonostante tutto quello che ha sofferto e soffre ancora.
Rispetto al cammino sinodale abbiamo incontrato due tipi di paure nelle nostre Chiese: la prima, dopo tutto il lavoro e la grande fatica, era che non riuscissimo a cambiare nulla; per alcuni, poi, a causa della mancata comprensione del vero significato del Sinodo, vi era il timore di perdere il loro posto nella Chiesa e il loro ruolo ecclesiale.
Portando con me queste complesse realtà, ho partecipato all’Assemblea Generale a Roma dove il cammino è stato vissuto nell’ascolto, nel silenzio e nella preghiera. Per il Papa, il tempo del Sinodo è un tempo di grazia e, aggiungo io, di gioia immensa il cui gusto spirituale spero che rimanga e ci accompagni fino alla conclusione. La pratica del dialogo spirituale trasforma le persone e consente di vivere l'esperienza della partecipazione alla luce della fede e nella ricerca della volontà di Dio. Lo spirito di fraternità e di amicizia che si è generato tra noi, uomini e donne, provenienti da tutti i Paesi del mondo, persone autorevoli nella Chiesa, vescovi, cardinali, sacerdoti, monaci e monache, diaconi e laici, e padri e madri di culture, idee e provenienze diverse, uniti dal vincolo del battesimo, è un legame che solo lo Spirito Santo può creare, dando a ciascuno la capacità di parlare e di partecipare senza smarrirsi.
Abbiamo vissuto, così, una vera Pentecoste: eravamo provenienti da tutto il mondo e insieme, nella preghiera, abbiamo deciso di ascoltare lo Spirito fino in fondo e di prenderlo come compagno di viaggio, mettendo tutti i nostri talenti e capacità e una chiara intenzione di lavorare con impegno. La diversità non ci ha spaventati perché abbiamo scoperto che ciò che unisce è l'Eucaristia la quale apre... occhi e cuori.
Ci siamo seduti attorno a tavole rotonde, simbolo dell'immagine del banchetto dell'Agnello mettendo al centro l'Eucaristia, che è fondamento e culmine del Sinodo. Attraverso lo scambio di esperienze abbiamo potuto portare nella nostra preghiera la pienezza del dolore degli altri e renderli presenti con noi. Abbiamo sentito la comunione con loro, l’apertura, l’ascolto e la prossimità verso tutti, soprattutto coloro che hanno in sé profonde ferite.
Abbiamo parlato delle speranze, delle riconciliazioni e dei doni meravigliosi che abbiamo ricevuto, consci di vivere e sperimentare la strada verso la giustizia e la riconciliazione nell’autenticità dell’essere cristiani.
Il Santo Padre afferma che questo modo di pregare, di ascoltare e di parlare tra noi, che è radicato nella Parola di Dio e che viviamo nei momenti di gioia o nei momenti di fatica, porta a comprendere profondamente che siamo fratelli e sorelle in Cristo mentre lo Spirito Santo è la guida, il leader e il consolatore, è lui che crea il Sinodo, è lui che unisce e crea armonia tra noi. Il silenzio ci permette di sentire tutto questo e di distinguere la voce di Dio.
In questa sinfonia entra l'intimità di ciascuno di noi: siamo uniti nella comunione secondo lo Spirito Santo, che crea la connessione tra le nostre parole.
Ciò che in noi va oltre le parole sono le dinamiche dello Spirito Santo ed è ciò che ci trasforma, ci fa ascoltare gli altri e ci dà la grazia di cambiare la nostra mentalità e spiritualità per diventare sinodali. Richiede che la Chiesa esca da se stessa e si faccia carico delle proprie ferite davanti al Signore che, con la sua grazia, le guarisce affinché noi possiamo compiere un atto di pentimento, di conversione e di ritorno al Padre. Questo percorso richiede la condivisione di responsabilità e l’assunzione di decisioni importanti nella preghiera e nel discernimento della volontà di Dio, avendo la Trinità come modello di comunione tra noi.
Qui emergono le parole chiave di questo metodo: ascolto profondo, comprensione del Sinodo dal di dentro abbandonando l'opinione personale, apertura all'altro per ricercare ciò che Dio vuole da noi attraverso la voce dello Spirito Santo che ci aiuta a passare dall'ego al noi e a dare testimonianza.
Il cammino sinodale, informato alla Parola e fondato sugli insegnamenti di Gesù, radicato nella vita concreta del Popolo di Dio, presenta una caratteristica che è anche una risorsa eccezionale: è, infatti, una sorta di laboratorio o di esperimento pilota che consente di cominciare subito ad acquisire i frutti del dinamismo che il progressivo pentimento sinodale apporta alla comunità cristiana. D'altra parte, non è possibile evidenziare le esperienze sinodali vissute, a diversi livelli e con diversi gradi di intensità: i loro punti di forza e i loro successi, così come i loro limiti e difficoltà, forniscono elementi preziosi per discernere la direzione in cui il movimento deve proseguire. Mi riferisco non solo alle esperienze concrete dell’attuale processo sinodale, ma anche a tutte quelle esperienze che già testimoniano modi di “camminare insieme” nella vita ordinaria, anche quando non sia conosciuto né utilizzato il termine “sinodalità”.
“Camminare insieme” permette alla Chiesa di annunciare il Vangelo, secondo la missione che le è affidata ai vari livelli (dal locale al globale). Ecco, quindi, una domanda fondamentale che ci motiva e ci guida: quali passi, oggi, lo Spirito Santo ci chiama a compiere per crescere come Chiesa sinodale?
Affrontare insieme questa domanda richiede l’ascolto dello Spirito Santo che come “il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene e dove va” (Giovanni, 3:8). Rimaniamo aperti alle sorprese che sicuramente ci verranno preparate lungo il cammino.
In questo modo si attiva una dinamica che ci permette di cominciare ad acquisire alcuni frutti del pentimento sinodale che man mano matureranno.
Si tratta di obiettivi di grande importanza per la qualità della vita ecclesiale e per l'attuazione della missione di evangelizzazione, alla quale tutti partecipiamo in virtù del battesimo e della cresima.
Obiettivo dello strumento di lavoro che è stato messo nelle nostre mani è quello di rilanciare il processo sinodale nella vita ordinaria della Chiesa, per individuare le modalità con cui lo Spirito Santo ci chiama ad andare avanti come unico popolo di Dio, affinché le nostre vite possano essere sempre in sintonia.
La Chiesa, nella sua essenza, è sinodale: Gesù camminava con le folle, le donne, gli uomini, i bambini, i malati, i disabili, gli abbandonati e noi oggi vogliamo tornare a viver questo cammino in modo profondo, serio, nel quotidiano e scoprire la radice sinodale della Chiesa. Perché lo scopo della sinodalità è ascoltare gli altri, in comunione profonda, in partecipazione completa e in missione aperta. Qui viene alla mente la bella e importante immagine della Chiesa come tenda, come spazio di fraternità, luogo di comunanza e base per la missione.
Infatti, il “camminare insieme” è ciò che più attua e mostra la natura della Chiesa come popolo pellegrino e missionario di Dio, è un camminare con Gesù e con tutta la Chiesa verso il Regno per predicare il Vangelo e servire i poveri.
All'inizio dei giorni del Sinodo vi è stata una veglia di preghiera ecumenica, intitolata “Together”, che ha visto a fianco di papa Francesco la presenza di numerosi altri responsabili e rappresentanti di diverse Comunioni cristiane: un segno chiaro e credibile della volontà di camminare insieme nello spirito dell’unità della fede e dello scambio di doni. Abbiamo capito che il Battesimo è al principio della sinodalità e che costituisce anche il fondamento dell’ecumenismo.
Abbiamo, poi, seguito tre giorni di esercizi spirituali predicati, per la prima volta, da una suora e da un monaco benedettini che ci hanno permesso di godere il gusto profondo della conversione spirituale.
Quindi abbiamo iniziato il lavoro comunitario e siamo stati aiutati da uno strumento di lavoro che ci aiutato per comprendere che il camminare insieme inizia dalla consapevolezza che il nostro cammino è incompleto e che attraverso la nostra preghiera e lo scambio delle nostre esperienze esso si completerà e fornirà una prima comprensione della dimensione sinodale della Chiesa in base alla quale si potranno fare ulteriori distinzioni e individuare passi concreti che consentiranno la continua crescita della sinodalità.
La prima sezione del documento di lavoro si divide in due parti. La prima spiega le caratteristiche della Chiesa sinodale che si fonda sul riconoscimento della comune dignità di ciascuno di noi mediante la grazia del battesimo, che è umile, che è Chiesa dell'ascolto, del dialogo e dell'incontro e insegna che deve chiedere perdono e conversione. Si nutre nel suo cammino alla fonte del sacramento dell'Eucaristia. È aperta e ospitale e abbraccia tutti. Affronta le difficoltà, non ha paura delle tensioni, considera l’ascolto ed il discernimento metodi per la vita e indica la condivisione come via per apprezzare i doni degli altri.
Invece la seconda parte della prima sezione tratta della conversazione spirituale che abbiamo scoperto insieme essere importante come metodo non solo per il Sinodo ma per tutta la nostra vita. Ci ha permesso di avvicinarci al lavoro da compiere e l'abbiamo vissuta come una preghiera comune che ci ha aiutato a discernere, condividere, fare silenzio per ascoltare.
La seconda sezione riportava le tre questioni che sono uscite dalla fase sinodale continentale che abbiamo vissuta in Libano a Febbraio 2023 e riguarda alle nostre Chiese locali.
La prima questione è “come essere più pienamente segno e strumento d’unione con Dio e di unità del genere umano?”. La seconda domanda è “come condividere doni e compiti a servizio del vangelo?”. La terza è “quali processi, strutture, istituzioni in una Chiesa sinodale missionaria?”.
Lavorando per rispondere a queste domande, abbiamo vissuto l'incontro sincero e rispettoso tra fratelli e sorelle nella fede, perché è il nostro incontro con il Signore che è stato presente in mezzo a noi e ci ha fatto sperimentare l'universalità della nostra Chiesa cattolica nonostante le differenze di età, di talenti e di vocazioni. Ci siamo resi conto di quanto sia ricca la nostra diversità e il pluralismo sia una vera benedizione. Siamo chiamati a sfruttare i nostri talenti per servire la missione della Chiesa in una responsabilità condivisa, con la
disponibilità a superare difficoltà e tensioni.
Abbiamo sperimentato che il Sinodo è un dono che richiede umiltà, preghiera e pentimento per intercessione di Maria che ci doni suo Figlio affinché possiamo diventare sempre “sinodo”, ovunque siamo e con chiunque siamo.
Non ci può essere sinodalità senza la dimensione ecumenica: questa è una realtà che, nel processo di discernimento durante il Sinodo, ci ha portato a comprendere meglio anche la nostra particolare esperienza a livello ecumenico. L’ecumenismo per noi è una questione di rinnovamento spirituale ed esige seri processi di pentimento e di guarigione della memoria. Nell’Assemblea sono risuonate testimonianze illuminanti di cristiani di diverse tradizioni ecclesiali che condividono l’amicizia, la preghiera e soprattutto l’impegno per il servizio dei poveri. È importante perciò che l’ecumenismo si sviluppi anzitutto nella vita quotidiana. Parallelamente, nel dialogo teologico e istituzionale prosegue la paziente tessitura dalla comprensione reciproca in un clima di crescente fiducia e apertura.
La collaborazione tra tutti i cristiani costituisce anche un elemento fondamentale per affrontare le sfide pastorali del nostro tempo: nelle società secolarizzate si può dare più forza alla voce del Vangelo, in contesti di povertà si possono unire le forze a servizio della giustizia, della pace e della dignità degli ultimi. Sempre e ovunque è una risorsa fondamentale per sanare la cultura dell’odio, della divisione e della guerra che contrappone gruppi, popoli e nazioni.
Un altro tema da approfondire riguarda il nesso tra sinodalità e primato ai vari livelli (locale, regionale, universale), nella loro reciproca interdipendenza. Esso richiede una rilettura condivisa della storia, per superare luoghi comuni e pregiudizi. Non dimentichiamo che nelle Chiese Ortodosse, la sinodalità viene intesa in senso stretto come espressione dell’esercizio collegiale dell’autorità propria dei soli Vescovi (il Santo Sinodo).
Abbiamo tante possibilità di lavorare insieme perché grazie a Dio nel 2025 ricorre l’anniversario del Concilio di Nicea (325), in cui fu elaborato il simbolo della fede che unisce tutti i cristiani. Una commemorazione comune di questo evento ci aiuterà anche a comprendere meglio come nel passato le questioni controverse fossero discusse e risolte insieme in Concilio.
E nello stesso anno 2025, provvidenzialmente, la data della solennità di Pasqua coinciderà per tutte le denominazioni cristiane. L’Assemblea ha espresso un vivo desiderio di giungere a trovare una data comune per la festa di Pasqua, così da poter celebrare nello stesso giorno la risurrezione del Signore, nostra vita e nostra salvezza.
Si desidera anche continuare a coinvolgere i cristiani di altre confessioni nei processi sinodali cattolici a tutti i livelli e invitare un maggior numero di delegati delle chiese sorelle alla prossima sessione dell’Assemblea nel 2024.
In Siria, a Deir Mar Musa Al-Habashi, tante volte viviamo un’esperienza ecumenica diversa da quella che vivono le nostre Chiese parrocchiali dove l’ecumenismo si sperimenta in modo formale ed è legato ai momenti di festa o alle occasioni speciali. Al Monastero, invece, come scelta di vita, accogliamo i nostri amici e fratelli ortodossi in modo più familiare. Per esempio, quando abbiamo un gruppo con un sacerdote ortodosso lasciamo che possa celebrare la messa anche per noi nella Chiesa, anche se comprendiamo che non possiamo ricevere la comunione; ancora, un monaco ortodosso ha fondato una comunità mista di monaci e monache che vengono a trovarci e noi andiamo da loro per condividere esperienze molto particolari di apertura reciproca.
Abbiamo fatto alcune esperienze di gioia e speranza con le nostre Chiese sorelle protestanti: per esempio, un amico pastore armeno protestante viene con la sua famiglia e partecipa alla nostra vita monastica a tutti i livelli.
Esperienze di questo tipo sono il segno di come Chiesa potrà giungere nel futuro prossimo a una sintonia con le altre Chiese sorelle, con la grazia del Signore, l’apertura dei nostri cuori agli altri e vivendo il senso vero della sinodalità.